È tutta una questione di fiducia

Il fattore umano

Non c'è nulla di nuovo nelle truffe: sono gli stessi schemi piramidali, opportunità commerciali fasulle e vetrine fantasma che hanno ingannato per secoli gli incauti e gli avidi. Perché ci si fa raggirare da esse? È la natura umana. I criminali sanno che ci sono fattori umani di base a cui possono fare appello: il desiderio di emulare chi, intorno a sé, diventa facoltoso.

Il successo fulmineo del truffatore italo-americano Carlo Ponzi fu così notevole che il suo nome si legò in modo indissolubile al metodo che utilizzava. Allo stesso modo, il medico Henry Heimlich è ancora oggi menzionato quotidianamente per la sua manovra; a Dick Fosbury è riservato lo stesso trattamento per la sua rivoluzionaria tecnica per il salto in alto; il calciatore e allenatore Renato Cesarini è di certo meno noto della “zona Cesarini” che ispirò. Questo fenomeno, per cui certi cognomi diventano arcinoti e impressi nell’immaginario collettivo mentre i loro possessori originari diventano via via sconosciuti ai più, è frequente nella politica, nell’arte o nella scienza in relazione a leggi, opere o scoperte.

Chiedere prestiti a Peter per pagare Paul

Il sistema secolare adottato è il “Chiedere prestiti a Peter per pagare Paul”. Le regole sono semplici: è uno schema fraudolento in cui i clienti attuali vengono pagati attraverso i fondi raccolti dai nuovi investitori. Il problema è che non ci sono collocamenti reali sul mercato; tutto va bene fino a quando, per svariati motivi, non si aggiungono più nuovi capitali e l'intero castello di carta crolla: la disponibilità è insufficiente per liquidare tutti. A suo modo, questa storia è quella di ogni grande tempesta finanziaria dal Novecento fino ai giorni nostri, e, al contempo, è uno spaccato dei guai che l'America si trova ad affrontare quando decide di fare i conti con la finanza sregolata.

Nonostante la notorietà di Carlo Ponzi, i primi modelli conosciuti di questo tipo sono risalenti alla seconda metà del diciannovesimo secolo. Charles Dickens descrisse, persino, una tale applicazione nel suo romanzo del 1857, “Little Dorit”. Secondo il celebre economista John Kenneth Galbraith, "l'uomo, che è ammirato per l'ingegnosità del suo furto, basa la sua strategia sulla riscoperta di qualche precedente forma di frode". Il piano originale sembra essere stato perpetrato da Sarah Howe a Boston nel 1879. Creò un deposito ad uso esclusivo femminile per aiutare le donne ad investire, promettendo profitti sbalorditivi in

 

un breve periodo. Tuttavia, i giornalisti del Boston Daily Advertiser scoprirono la sua truffa: fu accusata e scontò tre anni in prigione.

Lo schema Ponzi fu una delle eredità della finanza disinvolta pre-Grande Depressione ma ha avuto, dopo la Seconda guerra mondiale, diversi episodi su larga scala. Questo tipo di truffe iniziarono a moltiplicarsi dopo la graduale globalizzazione dell'economia. Un altro fattore determinante fu la fine della convertibilità tra dollaro e oro, sotto la presidenza Nixon, svincolando la moneta da riferimenti economici concreti. In ultima battuta, ma non meno importante, fu possibile anche grazie alla graduale “finanziarizzazione” dell'economia legata all'ascesa dell'ideologia neoliberista che portò la finanza a condurre la regia dei flussi di denaro su scala globale.

Negli anni precedenti la Grande Recessione, tra il 2005 e il 2008, ci fu l’esempio più eclatante. Bernie Maddoff, l'ex presidente del Nasdaq, fu accusato di aver creato una delle maggiori truffe della storia degli Stati Uniti, compresa tra i 50 e i 65 miliardi di dollari. Egli attirò molti fra i maggiori istituti finanziari mondiali nella sua rete al fine di effettuare investimenti rischiosi e ad altissima volatilità. Nel giugno del 2009, Maddoff fu condannato a 150 anni di prigione e rimase in carcere fino alla morte. Malgrado siano trascorsi decenni, le somiglianze tra Ponzi e Madoff sono notevoli. Entrambi offrivano ai propri clienti garanzie di rendimenti costantemente elevati con poco rischio, indipendentemente dalle condizioni di mercato; ambedue si rifiutarono di fornire dettagli su come gestivano la loro strategia, sostenendo di non voler fornire tali informazioni ai concorrenti; e sono falliti quando furono scoperti. In un'intervista, Madoff ebbe persino la faccia tosta di incolpare le sue vittime per la loro rovina. La sua valutazione fu che avrebbero dovuto esaminare più meticolosamente la sua metodologia e si sarebbero resi conto che era impossibile guadagnare quanto promesso.

Il mago di School Street

Nell'estate del 1920, Ponzi era in prima pagina su tutti i giornali. Ma prima di allora, poche persone avevano sentito parlare di lui al di fuori della comunità italiana di Boston. Infatti, non ci sono molte informazioni sui primi anni di vita di Carlo Pietro Giovanni Guglielmo Tebaldo Ponzi, e le poche in nostro possesso arrivano da interviste che diede dopo essere diventato famoso. In più, vista una sua tendenza alla menzogna e al racconto amplificato di sé, non sempre possono essere considerate attendibili. Si sa che nacque a Lugo il 3 marzo 1882. Studiò all’università “La Sapienza” di Roma ma non si laureò mai. Raccontò, in seguito, al New York Times: “In quegli anni ero quello che voi qui definireste uno spendaccione. Mi trovavo infatti in quel periodo della vita di un giovane uomo in cui spendere soldi sembrava essere la cosa più attraente al mondo".

Il 15 novembre 1903 scese dalla passerella della SS Vancouver nel porto di Boston e disse, successivamente, al New York Times: "Sono atterrato in questo paese con $ 2.50 in contanti e $ 1 milione di speranze, e quelle speranze non mi hanno mai abbandonato". La strada verso la ricchezza fu comunque ardua per il sempre ottimista romagnolo: si trasferì presto in Canada, dove diventò assistente cassiere presso il Banco Zarossi di Montreal. Fu lì che assistette per la prima volta a quello che sarebbe diventato noto come lo schema Ponzi. Questo istituto di credito aveva successo perché prometteva un rendimento di circa il 6 per cento ai suoi correntisti, emigrati italiani per la maggior parte. In realtà, però, era in gravi difficoltà finanziarie a causa di una serie di prestiti immobiliari andati male ed il fondatore Luigi Zarossi tentò di non andare in bancarotta. Per fare ciò, finanziò i pagamenti degli interessi utilizzando i depositi dei conti appena aperti da nuovi clienti. La banca fallì ugualmente ed il fondatore fuggì in Messico con gran parte del denaro. Caduto in tempi difficili, Ponzi tentò di falsificare un assegno per sostentarsi ma fu debitamente imprigionato in Canada per quasi tre anni.

Nel 1917, tornò a Boston in risposta ad un annuncio per un impiego presso il broker JR Poole e lì incontrò la sua futura moglie, Rose Gnecco: si sposarono nel febbraio del 1918. Nel frattempo, Ponzi aveva lasciato Poole, che non riusciva a riconoscere il suo “genio finanziario”, e rilevò l'attività di alimentari di suo suocero, mandandola in rovina. Non passò molto tempo prima che Ponzi si mettesse in proprio, e nel 1919 ebbe una nuova idea che avrebbe dovuto renderlo ricco oltre ogni aspettativa più rosea: aprire una rivista di commercio internazionale e vendere pubblicità. Ma la Hanover Trust Company non acconsentì al prestito di $ 2.000 necessario per cimentarsi nel nuovo business. A seguito di questo brusco rifiuto da parte del presidente della banca, l’idea non ebbe successo ma lo portò a ricevere una lettera da un corrispondente di affari in Spagna che lo colpì per un dettaglio: un buono di risposta internazionale (International reply coupon, Irc). Nei mesi convulsi seguiti alla fine della Grande Guerra, la ripresa dei contatti tra le varie parti del mondo faceva leva anche sulla ripresa degli scambi di informazioni, titoli e denaro. Negli Stati Uniti, gli Irc venivano creati dal servizio postale (USPS) per scrivere a qualcuno all’estero, a patto che tra i due paesi ci fosse una convenzione, pagando in anticipo le spese necessarie per la risposta, superando il limite che in un paese estero fossero disponibili solo i francobolli locali. Questi buoni erano simili ad un "passaporto postale" e Ponzi li sfruttò. Il primo passo era inviare soldi in Spagna per far acquistare da un mandatario locale ampie quote di Irc, con valore di cinque centesimi di dollaro l'uno. Gli stessi, poi, erano inviati negli States per essere scambiati con francobolli americani dal valore proporzionalmente maggiore da dieci centesimi e, con la vendita di questi ultimi, garantire un profitto del 50-100 per cento.

L’operazione era basata sul fatto che gli Irc avevano un costo minore rispetto a quello dei francobolli con cui potevano essere scambiati. Infatti, il costo della vita spagnola rispetto a quella oltreoceano era inferiore, soprattutto in quel momento che la peseta spagnola si indeboliva nei confronti del dollaro. Naturalmente, questo metodo di arbitraggio era completamente legale e lo è ancora oggi. Se si fosse limitato ad un'operazione del genere, sarebbe rimasto nella legalità. Invece, trasformò la sua attività in una truffa. Si rese conto che il progetto non poteva funzionare davvero per ostacoli burocratici e, di certo, non con le possibilità di guadagno che aveva in mente. La frode era fondata sull'accumulazione di capitali presi in prestito da privati per remunerare la crescente necessità di denaro da parte della sua rete di clienti.

Per invogliare ancor più investitori, disse che aveva accumulato una rete di agenti di vendita in tutta Europa in grado di acquistare buoni su larga scala per lui.

Ovviamente non c'erano. Del resto, Ponzi non fece alcuna operazione sul mercato e si notò quando il dipartimento degli uffici postali degli Stati Uniti annunciò nuovi tassi di conversione per gli Irc. Fu la prima modifica delle tariffe dai giorni prebellici ma non influì minimamente i suoi rendimenti.

Così facendo, nel gennaio del 1920 fondò una società, situata al numero 27 di School Street, dedicata a questo tipo di commercio: la Securities Exchange Company. In soli 90 giorni prometteva guadagni del 50 per cento sull’investimento iniziale e, in un secondo momento, addolcì addirittura il piatto, promettendo un interesse del 50 per cento in 45 giorni. I profitti potenziali potevano toccare il 400 per cento ed erano troppo allettanti per essere ignorati rispetto al 2-3 per cento garantito annualmente dalle banche. Una volta che il "mago" finanziario di School Street pagò il suo primo giro di investitori, la voce si diffuse rapidamente. Il Sabato 24 luglio 1920, il Boston Post pubblicò in prima pagina un servizio con il titolo: "RADDOPPIA I SOLDI ENTRO TRE MESI; 50 per cento di interessi pagati in 45 giorni da Ponzi: ha migliaia di investitori". L'articolo descriveva la sua ascesa come un uomo generoso ed agiato, caratterizzato da un’ottima capacità dialettica ed un gran carisma: "Non provo alcun piacere nello spendere soldi per me stesso, ma molto nel fare del bene". In quel periodo venne anche acclamato come "il più grande italiano della storia" dalla folla estasiata ma lui rispose: "No! Sono il terzo più grande.

Cristoforo Colombo ha scoperto l’America e Marconi la radio..." per essere interrotto da un vociare indistinto che diceva: "Sì, ma tu hai scoperto i soldi!". Per di più, il New Yorker scrisse di lui: “Era un dandy che si pavoneggiava con il cappello di paglia e un vistoso bastone con la punta d’oro, sempre gentile con i giornalisti, per i quali aveva sempre una battuta pronta e qualche citazione da pubblicare”. Lunedì 26 lo attendeva una scena incredibile: un'enorme fila di investitori si estendeva dal Municipio, attraverso City Hall Avenue e School Street, fino al suo ufficio. Non passò molto tempo prima che convincesse 20.000 investitori a dargli circa $ 10 milioni. Alla fine, gli investitori di Ponzi erano circa 40.000: spaziavano da immigrati italiani della classe operaia a poliziotti e politici. Molte persone reinvestirono semplicemente i loro profitti, sollevandolo così dal dover mantenere effettivamente la sua promessa. Si stima che in tutto avesse accumulato almeno $ 15 milioni, pari ad almeno 200 milioni di oggi.

Al culmine del suo successo, Ponzi aveva ottenuto lo stile di vita che aveva sognato per così tanti anni: una villa sfarzosa nell'elegante Lexington; un paio di automobili; bei vestiti accompagnati da bastoni da passeggio di Malacca per sé; e diamanti per Rose. Ma aveva anche uffici sparsi dal Maine al New Jersey e respingeva offerte di potenziali partner da New York. Inoltre, diversificò gli investimenti acquistando proprietà commerciali in tutta Boston. Rilevò persino il suo ex datore di lavoro, Poole. Ma quello che voleva davvero era il controllo di una banca. Pianificò l'acquisizione della Hanover Trust, la stessa banca che aveva rifiutato la sua richiesta di prestito l'anno precedente, rilevandone il 38 per cento del capitale. In quel periodo aveva la mania che più comprava e più voleva comprare.

Sembra che a quel punto l’idea di Ponzi fosse stata di usare parte dei soldi ricavati con il suo schema fraudolento per comprarsi una qualche attività che facesse davvero profitti, e di usarli poi per ripagare i tanti investitori da cui aveva preso soldi. Ma, ammettendo che avesse davvero deciso di farlo, sarebbe stato molto complicato riuscirci, visti i milioni di dollari che avrebbe dovuto restituire. Non arrivò mai a farlo perché, dagli ultimi giorni di luglio, ci fu un repentino cambio di prospettiva nei suoi confronti.

Clarence W. Barron, il fondatore del moderno giornalismo finanziario, affermò che era impossibile garantire rendimenti così elevati in un breve periodo di tempo. Ponzi lo citò in giudizio vincendo la causa sebbene iniziò ad essere messo sotto i riflettori.

Barron scoprì che non stava investendo nel suo presunto schema ma in immobili, azioni e obbligazioni. Ponendo l’attenzione sul perché preferiva le attività tradizionali che gli avrebbero fruttato un rendimento massimo del 5 per cento su base annuale. Come se non bastasse, il giornalista calcolò che sarebbero stati necessari circa 160 milioni di buoni scambiati per coprire il volume degli investimenti effettuati, eppure ne erano in circolazione solo 27.000. Ci fu anche un'altra causa contro Carlo Ponzi da parte di Joseph Daniels, un produttore di mobili di Boston. L’obiettivo, non raggiunto, era rivendicare una quota della fortuna di Ponzi sulla base di un vecchio debito. Il risultato insperato fu che ancora più occhi indiscreti si iniziassero ad interrogare sul funzionamento della Securities Exchange Company. Nel luglio del 1920, Richard Grozier, l'editore del Boston Post dell'epoca, chiese ai suoi giornalisti di indagare. La testata sentiva la responsabilità di aver pubblicato l'articolo che diede tanto slancio all'impresa e, quindi, fece incessanti reportage sul tema attraverso i quali ottenne il Premio Pulitzer. Nonostante l’insistenza della stampa, Ponzi, beffando le autorità, disse: “Il mio segreto è come incassare i buoni. Non lo dico a nessuno. Lascia che gli americani lo scoprano, se possono".

Su consiglio del suo addetto stampa William McMasters, Ponzi si offrì di collaborare con l'ufficio del procuratore distrettuale degli Stati Uniti aprendo i suoi libri ad un revisore dei conti del governo. In aggiunta, a partire da mezzogiorno del 26 luglio decise di rifiutare nuovi investimenti fino a quando l'audit



sarebbe stato completato. La voce che Ponzi stesse chiudendo i battenti provocò un’insicurezza enorme. Migliaia di persone presero d'assalto School Street per riscattare i loro investimenti. La folla era incerta se fosse un truffatore o un eroe: c’era chi lo fischiava e, al contempo, chi lo acclamava. Sotto la pressione delle richieste, Ponzi ordinò ai suoi impiegati di rimborsare tutti coloro che presentavano una cambiale: in un giorno pagò più di $ 1 milione. Gli investitori spaventati, che richiesero in anticipo il loro capitale, ricevettero solamente il loro capitale iniziale. In aggiunta a questo, William McMasters lo tradì: era stato assunto per promuovere la Securities Exchange Company, invece smascherò la sua frode. Dopo aver esaminato i documenti finanziari, si rese conto che gli unici soldi che aveva nelle sue mani erano quelli presi dagli investitori. Il 2 agosto 1920, McMasters pubblicò l'articolo "L'esposizione della fantastica storia" sul Boston Post. Ponzi era descritto come "irrimediabilmente insolvente". McMasters dichiarò: "Ha un debito di oltre $ 2.000.000 se rispetta il pagamento delle cambiali senza alcun interesse. Bensì, se l'interesse è incluso nelle sue cambiali in sospeso, allora ha un debito di almeno $ 4.500.000". Ciò nonostante, anche il suo addetto stampa ebbe difficoltà a condannarlo e disse: "Non c'è da stupirsi che Ponzi sia fiducioso: vede un mucchio di contanti apparentemente illimitato...". I possessori di cambiali assediarono l'ufficio di School Street il giorno in cui l'articolo di McMasters fu pubblicato. Ponzi negò caldamente le accuse di insolvenza e minacciò di citare in giudizio sia McMasters che il Post.

L'opinione pubblica si intensificò quando i giornali iniziarono a raccontare i precedenti giudiziari di Ponzi. Pertanto, il governatore del Massachusetts Calvin Coolidge chiese che si aprisse un’indagine sulle sue attività. Edwin Pride, il revisore dei conti del governo, scoprì che Ponzi era in rosso di $ 3 milioni, in seguito rivide i suoi conti fino ad una perdita di $ 7 milioni.

Così Ponzi fu arrestato e processato nel novembre del 1920 per decine di capi d’accusa, tra cui l'accusa federale di utilizzare la posta per frodare, e condannato a cinque anni di carcere. Scontò tre anni e mezzo in carcere e fu rilasciato sulla parola, ma per tutti gli anni Venti continuò ad avere problemi legali in relazione al suo “schema”. Nel 1934, uscì di galera e le autorità dell'immigrazione avevano già pronto un mandato di espulsione per lui. Non era mai diventato cittadino americano ed era considerato uno straniero indesiderabile. Il 7 ottobre, dopo che gli fu respinto l’appello a rimanere negli Stati Uniti, fu deportato in Italia. Rose divorziò da lui eppure, per anni, fu perseguitata dalle voci secondo cui aveva un patrimonio nascosto derivante dai guadagni illeciti di suo marito. Peccato che lei stessa fu una vittima: la sua famiglia gli prestò più di $ 16.000.

I resoconti della vita di Ponzi, dopo la sua espulsione dagli Stati Uniti, variano ma morì il 18 gennaio 1949 in un ospedale di carità a Rio de Janeiro.

Conclusioni

La corsa sfrenata verso la ricchezza di Carlo Ponzi dimostra che il suo genio risiede nella psicologia e non nella finanza. Si coltivò un'immagine per la quale poteva rendere possibile l'impossibile: riuscì a trasmettere la fiducia ai risparmiatori di poter diventare ricchi in poco tempo. A loro non interessava sapere cosa ci facesse con quei soldi. Più erano attratti dall’idea che la loro vita potesse cambiare, più ne parlavano. Erano gli stessi investitori a fare pubblicità alla compagnia. Alan Greenspan, l’ex presidente della Federal Reserve, coniò il termine "esuberanza irrazionale" per rappresentare l’atteggiamento delle vittime. Le persone osservano gli altri mentre traggono grandi profitti da investimenti con elevata visibilità e, di conseguenza, considerano questi come legittimi anche se non ci sono ragioni di fondo per sostenere tali conclusioni. Questo è stato certamente il caso di Sarah Howe, Carlo Ponzi e Bernie Madoff. Da una parte, i risparmiatori imploravano questi artisti della truffa per gestire i loro soldi. Dall’altra, questi criminali sfruttavano la paura dilagante di perdere un'occasione d'oro, la cosiddetta “fear of missing out, FOMO”.

Questa attitudine non è una novità e, certamente, era applicabile già durante la bolla finanziaria dei tulipani del 1600 nei Paesi Bassi. In quel caso la speculazione sui bulbi portò a un drammatico crollo del mercato nel 1637.

Per Ponzi, senza dubbio, ci sono state anche altre gratificazioni: l’adrenalina del gioco e la sete di potere. Richard Ault, un profiler criminale dell'FBI, ipotizza che, più di ogni altra cosa, Ponzi volesse diventare "qualcuno d’importante". Essendo un povero immigrato, cercò di entrare a far parte dell'establishment di Boston che lo aveva escluso in principio. Era un obiettivo ambizioso, ma riuscì a realizzarlo per un breve periodo.

Attualmente, molte persone alla ricerca di opportunità redditizie vedono Internet come un luogo in cui tutto può accadere. L’adescamento è sempre lo stesso anche se l'approccio di Ponzi era più carismatico. Ad ogni modo, abbiamo imparato poco da allora ed il truffatore è sempre il solo ad ottenere un profitto. Nel 2019, le forze dell'ordine statunitensi hanno scoperto 60 schemi Ponzi in cui le vittime hanno investito $ 3,25 miliardi. È molto probabile che il numero reale sia di gran lunga superiore. Durante l'amministrazione Trump, la Securities and Exchange Commission (SEC), l'ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori, è stata molto meno aggressiva nel perseguimento delle frodi sugli investimenti. Infatti, i procedimenti giudiziari legati a queste operazioni sono al punto più basso nella storia degli Stati Uniti moderni. Questa cifra non significa, però, che i reati tra i “colletti bianchi” non stiano accadendo. Al contrario, non sorprende che siano all’ordine del giorno anche dopo un secolo.

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