L'indice PMI

Cos’è l’indice PMI? (Purchasing Manager Index)

L’ambiente economico internazionale difficilmente si presta a interpretazioni per lo svolgimento di investimenti futuri. Per evitare il più possibile di incorrere in errori di valutazione, negli ultimi anni è stato proposto di utilizzare un nuovo indicatore della salute dell’economia di uno Stato, l’indice PMI. Sebbene il suo primo utilizzo nel 1982 non abbia ottenuto particolare fiducia dalla comunità internazionale, negli anni successivi l’indice ha ricevuto sempre più attenzioni dai principali organi economici globali internazionali per individuare lo stato di salute dell’economia prima di effettuare investimenti di carattere borsistico, soprattutto tramite l’acquisizione di bond. Ora, il Purchasing Manager Index è un ottimo indicatore per esprime le condizioni economiche di un Paese; infatti, oltre che indicatore e cartina tornasole per lo stato dell'economia generale, l’indice negli ultimi anni è stato un importante segnale e campanello di allarme per rilevare eventuali scenari di crisi futuri.
L’indice PMI è uno dei più importanti indicatori economici del panorama globale. Esso è un indicatore macroeconomico che misura e aggrega nel suo insieme gli andamenti di tre aspetti economici: l’attività manifatturiera, dei servizi e delle costruzioni. L’indice viene calcolato contattando le trecento principali industrie di ogni settore economico sopra citati. L’indagine si concentra interpellando i responsabili acquisti di ogni settore e viene loro domandato se la situazione delle vendite è migliorata o peggiorata durante l’ultimo periodo. 

La relazione è svolta dall’Institute of Supply Management (ISM), un’organizzazione internazionale che si occupa di trarre da tutti i responsabili acquisti di manifatturiero, servizi e costruzioni i dati di vendita di un determinato periodo. Di norma, alla fine dell'analisi dei dati, si procede alla stesura di una relazione che restituisce e fornisce informazioni riguardanti la crescita economica futura e i possibili risvolti economici di un intero Paese. 
Il report che viene redatto contribuisce a definire le capacità produttive mensili di un Paese, nel mese valutato dall’indagine. Il range nel quale si sviluppa l’indice si evolve a partire da un minimo di 0 fino ad un massimo di 100 punti. Nello specifico, si possono ottenere tre differenti risultati dal report: un valore superiore alla misurazione precedente e/o che supera il punteggio di 50 punti indica una situazione di espansione economica e quindi di una condizione positiva. In questo caso, siamo di fronte a un’economia in crescita. Sotto i 50 punti l’indicatore propende per una visione negativa della crescita economica con una tendenza alla stagnazione. La stessa cosa avviene se la misurazione è inferiore al dato precedente, e infine, se il valore risulta pari a 50, oppure alla misurazione precedente. In quel caso vi è equilibrio nell’economia globale.
Dunque, nello specifico, come può l’indice PMI influenzare gli andamenti economici globali se si occupa di misurare soltanto le prestazioni economiche di un settore? Semplicemente, l’indice, restituendo la quantità di servizi o prodotti venduti, offre la possibilità di capire quanto la filiera produttiva di uno specifico bene sia influenzata e come essa sia attiva e partecipativa per l’economia globale.

I risultati delle analisi di ottobre

I risultati raccolti dalle consultazioni di ottobre svolte dall'azienda Standard & Poor’s Global, responsabile della redazione delle analisi finali dell’indice in sé, hanno stabilito un rallentamento futuro nelle economie dei principali Paesi sviluppati. 
Salvo per il Giappone, uscito indenne dalle previsioni sopraggiunte, le altre nazioni appartenenti al G4 hanno una generale previsione economica negativa.
La situazione economica è viziata dalla presenza di difficoltà produttive, dall’approvvigionamento delle materie prime e dall’innalzamento dei costi dell’energia. Ciò contribuisce ad un inasprimento dell’inflazione, che fa segnare nel panorama globale il suo record negativo. Questi, secondo la società S&P Global, sono i principali responsabili della presenza di dati così negativi per la situazione economica globale. 
Il rischio più alto per le economie dei singoli Stati nazionali è quello di rescissione tecnica, supportata dall’aumento dei costi del caro vita a causa dell’inflazione e della crisi energetica globale. 
Ciò ha comportato a sua volta restringimenti dei mercati finanziari e delle possibilità di investimento, anche come risposta alla crescente avversione al rischio degli investitori.
Il report appena consegnato restituisce in dettaglio i dati del G4, che rivelano con precisione la situazione di Stati Uniti, Giappone, UK e dell’eurozona. Nel dettaglio:

Output indice PMI, aggiornati al 25 ottobre per i paesi G4

Per l’economia statunitense si registra una significativa flessione negativa nel settore dei servizi, passando da 49.3% a 46.6% e a una situazione di quasi stallo che concerne il settore manifatturiero. L’indice PMI composito, invece, ha fatto registrare una perdita del 2% passando da un 49.5% del mese di settembre ad un 47.3% registrato ad ottobre.
Uno delle rilevazioni peggiori è quella riguardante l’eurozona, che non registrava una discesa negativa così rapida per l’indice PMI dall’aprile del 2013, senza considerare il periodo del lockdown. La registrazione constata come si sia passati da 48.1% ad 47.1%; in particolare, il settore più colpito negativamente è stato quello della manifattura, soprattutto in quelle imprese con spese energetiche elevate.
Nello specifico, la Germania è stata la nazione peggiore nell’eurozona, la più colpita dalle restrizioni energetiche dal momento che si tratta della più dipendente dalle forniture russe per la produzione di beni; infatti, la capacità manifatturiera della Germania è crollata fino a raggiungere il livello più basso, pari al 45,7%. L’unica che mantiene una tendenza costante sembra essere la Francia.
Primato negativo ottenuto anche per l’economia britannica, che ha toccato un indice di 47.2%, dato peggiore di ottobre, sceso dal 49,1%, fattori registrati nel settembre precedente. Le cause di questa discesa degli indici così importante e ripida è da attribuire alla forte instabilità politica che la Nazione sta vivendo in questo momento e anche alla volatilità elevata dei mercati finanziari, dovuta principalmente alla crisi del caro vita e alla Brexit. Anche qui la situazione fa registrare un record negativo che non si vedeva da marzo 2009, anno della grande rescissione (escludendo per ovvie ragioni i mesi della pandemia).
Il Giappone resta l’unica nazione che fa registrare una tendenza positiva in salita rispetto al mese precedente, con una rilevazione che passa da 51.0% a 51.7%. Ciò è dovuto alla forte spinta che l’economia ha ricevuto una volta annunciata la fine del lockdown. La riapertura ai cicli economici e all'economia globale ha favorito ulteriori declini economici per il Paese.

Il futuro che ci aspetta

La definizione degli indici in maniera negativa inasprisce quelle che saranno le previsioni economiche per il futuro e soprattutto per il livello delle occupazioni.
I prospetti di crescita, registrati da queste misurazioni, propendono per una visione negativa dell’economia nel breve periodo. Inoltre, le aspettative di crescita delle singole imprese risultano già in rallentamento a partire da ora. Per le G4 si tratta del momento peggiore a partire dal 2012, senza considerare i dati della pandemia. Nel lungo periodo, i dati ottenuti e le misurazioni che possiamo ottenere attraverso le previsioni economiche, fanno registrare una situazione ancor peggiore se paragonata a quella del breve periodo. I dati per il lungo periodo riportano una crisi accentuata per quanto riguarda UK e US, che si troveranno ad affrontare un rincaro dei prezzi e difficoltà di crescita economica dovuta soprattutto alla presenza di tassi di interesse in aumento per il prossimo periodo. Anche il Giappone, sin qui dimostratosi solido in queste revisioni e generalmente positivo nel breve periodo, attraverserà una situazione di ristagno economico data dal rimbalzo provocato dalle manovre anti COVID-19. Alla luce dei dati ottenuti, oltre che sul mercato dei beni o quello finanziario, a fare le spese del rallentamento dell’economia sarà inesorabilmente il mercato del lavoro, che registrerà, secondo le previsioni, un abbassamento senza precedenti in tutti i settori presi in considerazione dalle analisi (manifatturiero, dei servizi e delle costruzioni). 

This image for Image Layouts addon
Proiezione indice di crescita PMI Eurozona. (Euro area composite PMI trading economics, S&P global, October 2022)

Gli scenari futuri che ci vedranno protagonisti sono legati alla risoluzione del conflitto e ai prezzi dell’energia. Come osservato nel grafico, che riporta le previsioni future della crescita dell’eurozona, per ritornare ad un livello di crescita simile a quello pre-conflitto, bisognerà attendere sino al gennaio 2024.

Contatti

Mail

info@liucfinclub.com

Social
Social

Dove siamo

Indirizzo

C.so Matteotti 22, Castellanza (VA) 21053