Correlazione tra Market Cap e Corporate Identity

Introduzione

Il market cap di una società quotata può essere analizzato in molteplici modi, ma molto sinteticamente possiamo dire che esso è formato da due macro componenti: il valore del sottostante (value) e le aspettative che il mercato ha per quel determinato titolo (growth). La componente value è una componente “rigida”, determinata analiticamente tramite i principi contabili utilizzati dalla società e di conseguenza poco influenzabile dal mercato. La componente growth, invece, è qualcosa di molto più malleabile: quest’ultima viene determinata dalle aspettative degli shareholder/stakeholder riguardo all’andamento del titolo. È infatti proprio su questa seconda componente che le società possono cercare di influire in modo particolarmente impattante tramite la propria comunicazione verso gli azionisti: press release, annunci di progetti e brand image.

Polverizzazione dell'equity

Inoltre è importante analizzare come in media gli investitori maggiormente influenzati ed attratti dalla componente growth siano, per diverse ragioni, quelli retail. Infatti la maggioranza di quest’ultimi, soprattutto se non dotata di conoscenze specifiche in ambito economico-finanziario, tende a prezzare un determinato titolo solamente tramite la percezione pubblica che si ha di quella determinata società, senza analizzarne in modo particolarmente attento i fondamentali (cosa che gli investitori istituzionali dovrebbero quanto meno sempre tenere in considerazione). Nell’analizzare l’impatto che la componente growth ha nella determinazione del market cap di una determinata società è quindi da tenere in forte considerazione l’ondata di democratizzazione e diffusione del mercato azionario degli ultimi anni. Infatti, tramite l’avvento di fondi passivi, share frazionate, fintech e broker on line sempre più accessibili, il mercato azionario nelle ultime due decadi ha visto lievitare il numero di investitori retail. Un lavoro particolarmente interessante in tal senso è quello svolto da Reputation Dividend, società che da circa una decade analizza quanto il valore di diversi indici sia incrementato da una componente di “reputazione” delle società che lo compongono. In particolare nel 2018 il report ha mostrato come la componente reputazione, nel FTSE 350, pesasse per £1.062 billion registrando un incremento dell’8% rispetto al 2017. Questi dati sono utili a comprendere quanto una comunicazione corretta per una società quotata possa pesare in termini di capitalizzazione, andando a scaturire eventuali picchi e crolli del titolo.

Case Study N.1

Analizzato quanto sia importante per una società riuscire a rimanere accountable agli occhi del mercato, riuscendo in questo modo a mantenere una corporate identity impeccabile, proviamo ora ad analizzare delle casistiche concrete, avvenute negli ultimi mesi, in cui un alto livello di complessità ha messo a dura prova la C-Suite di due importanti colossi mondiali. 

Un primo caso sicuramente interessante è quello dello scioglimento della partnership tra Kanye West e Adidas dello scorso ottobre: il rapper e la società tedesca infatti collaboravano dal lontano 2013 al brand Yeezy. Quest’ultimo, secondo l’analista di Morningstar David Swartz, fatturava circa 2 miliardi di dollari l’anno, ovvero quasi il 10% del fatturato annuale di Adidas. Negli anni il brand tedesco aveva più volte chiuso un occhio sulle varie polemiche che vedevano protagonista il cantante statunitense, ma a fronte delle dichiarazione razziste rilasciate dall’artista lo scorso ottobre Adidas si è vista obbligata a tagliare qualsiasi tipologia di rapporto con quest’ultimo. La rottura, del tutto lecita, della partnership ha però avuto un effetto particolarmente negativo per la società tedesca che nel 2022 ha chiuso il proprio esercizio con un utile netto del gruppo di appena €254 milioni, registrando una variazione YoY del -83%. Inoltre adidas ha ancora in stock un numero considerevole di item firmati Yeezy e dei diritti di opzione sull’utilizzo del brand. Al momento Adidas non ha ancora dichiarato come intende procedere ma ha precisato come in caso di mancata vendita degli stock esistenti la società andrebbe incontro a una riduzione dei ricavi di circa €1,2 miliardi e una diminuzione dell’utile operativo di circa €500 milioni. Il mercato ovviamente non ha risposto bene alla financial guidance pubblicata dal brand tedesco che nella giornata del 9 febbraio 2023 ha perso circa il 13% del proprio valore. Questo caso è particolarmente interessante per analizzare come il mercato possa non reagire sempre in modo positivo a scelte teoricamente corrette, almeno dal punto di vista dell’immagine del brand.

Case Study N.2

Nelle scorse settimane abbiamo già parlato di come ChatGPT e Dall-E stiano cambiando le aspettative del mercato sul mondo AI. In particolare era particolarmente attesa una risposta di Google, che non ha tardato ad arrivare: il 6 febbraio Google ha infatti pubblicato un tweet in cui spiegava come a breve sarebbe stato rilasciato Bard, un servizio AI sperimentale basato su LaMDA (il linguaggio sviluppato da Google, anche tramite l’acquisizione di DeepMind avvenuta nel 2014, per $500 milioni). La notizia è stata inoltre accompagnata da un video promozionale e da un evento di presentazione al pubblico del nuovo prodotto. Purtroppo per Google però, in entrambe le occasioni, Bard ha evidenziato diverse carenze e sicuramente un livello di performance nettamente inferiore rispetto a quello proposto dai servizi presentati dal proprio competitor OpenAI. Ecco quindi che il mercato ha rapidamente punito la società californiana: le azioni di Alphabet (la holding di Google) hanno infatti subito un crollo del 9% tra il 7 e il 9 febbraio, abbassando la capitalizzazione del titolo di circa $100 miliardi. Questo secondo case study evidenzia l’importanza di considerare l’efficacia della propria comunicazione verso il mercato a 360°: Google è da ormai due decadi leader indiscusso nel campo dei motori di ricerca, ma è chiaro come in questo caso abbia (almeno per il momento) perso il passo rispetto ai propri competitor. L’intenzione di Microsoft di integrare Bing tramite la tecnologia AI potrebbe tranquillamente risultare in un fallimento (solo nei prossimi mesi potremo vedere le effettive potenzialità di questo progetto), ma per il momento è evidente come l’immagine di Google (e di conseguenza la sua capitalizzazione) siano state fortemente colpite dall’accaduto.  

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