Titoli Obbligazionari e Corona Bond

Obbligazioni: introduzione teorica

Le obbligazioni sono dei titoli di debito (per il soggetto emittente) oppure di credito (per il soggetto acquirente) e consentono a chi le emette di reperire capitale da investire. Sono considerate uno strumento di debito diretto, questo perché vengono vendute direttamente agli investitori istituzionali o alla massa di risparmiatori, che compongono il mercato. Questi titoli, oltre a rimborsare il capitale prestato a una scadenza predefinita, pagano periodicamente a chi li acquista un tasso d’interesse, ovvero un corrispettivo in più che l’emittente deve versare per poter prendere il capitale a prestito. Di riflesso, l’interesse può essere considerato la remunerazione che l’investitore ottiene nel prestare risorse finanziarie. Il tasso applicato può essere fisso, ovvero non cambiare per tutta la durata dell’operazione oppure variabile, ovvero che cambia a seconda dell’andamento di un determinato parametro prestabilito di natura economica, finanziaria o monetaria.

Le obbligazioni possono essere suddivise in base alla natura dell’emittente, quindi si hanno:

  • Obbligazioni emesse da società private, in questo caso prendono il nome di obbligazioni societarie o Corporate Bond. Tendenzialmente hanno un orizzonte di medio/lungo termine e vengono usate per reperire risorse finanziare che l’impresa utilizzerà per la copertura di progetti d’investimento che puntano alla crescita e allo sviluppo del business.
  • Obbligazioni emesse dai Paesi sovrani, queste prendono il nome di Titoli di Stato e sono quei titoli che una volta collocati sul mercato vanno a incrementare i debiti pubblici nazionali. In questo caso le risorse raccolte vengono indirizzate per finanziare voci di spesa pubblica diverse a seconda della scadenza del titolo. Infatti, i titoli a breve termine che in Italia sono i BOT (mentre in USA sono i Treasury Bill) sono utilizzati per finanziare la spesa corrente e la quota di debito pubblico che sta per giungere a scadenza. I titoli che hanno una scadenza più lunga, che in Italia sono rappresentati dai CTZ, CCT, BTP (mentre in USA sono i Treasury Note e i Treasury Bond) sono utilizzati per finanziare le grandi opere e le varie voci del bilancio dello Stato. I Titoli di Stato non sono tutti uguali, una cosa che le differenzia tra loro è il tasso d’interesse che pagano. Infatti, i Paesi che vengono considerati più solidi e affidabili (in termini di credibilità economica e politica) beneficiano di interessi più bassi rispetto ai Paesi considerati più instabili.

Rischio di credito e rating

In linea generale, l’entità del tasso d’interesse richiesto dagli investitori per comprare una determinata attività finanziaria dipende dalla relazione rischio-rendimento. Questa è una relazione di tipo diretto, ovvero all’aumentare del rischio aumenta, di conseguenza, anche il rendimento (e viceversa). Questo perché gli investitori, a fronte di una maggiore esposizione al rischio di perdere il capitale, chiedono un rendimento superiore che sia proporzionale all’aumento di rischio. Quando si parla di obbligazioni, il rischio a cui ci si riferisce maggiormente è il rischio di credito (o rischio di insolvenza), ovvero la probabilità che l’emittente manchi di adempiere ai suoi doveri, cioè non pagare gli interessi e non rimborsare il capitale preso a titolo di debito. Dato che i Titoli di Stato sono titoli garantiti dal Paese che li ha emessi, vengono definiti titoli Risk Free ossia titoli (quasi) privi di rischio d’insolvenza, questo perché la probabilità che un Paese sviluppato vada in default è praticamente nulla. Questo è il motivo del perché i Titoli di Stato pagano tassi d’interesse generalmente molto bassi. Di contro, visto che gli emittenti delle Corporate Bond sono soggetti privati, questi vengono percepiti dagli investitori come più rischiosi perché più facilmente esposti al fallimento d’impresa. Per questa ragione vengono pagati rendimenti più elevati agli acquirenti.

Il rischio di credito può variare a seconda di due fattori:

  • Fattori macroeconomici, ovvero dalla fase del ciclo economico in cui ci si trova. Quindi il rischio sarà più elevato nelle fasi di recessione o durante gravi shock esogeni del sistema economico (per esempio, lo scoppio di una bolla speculativa o una pandemia globale). Mentre si avrà un rischio ridotto nei momenti di espansione economica.
  • Merito di credito, questo è un aspetto soggettivo che varia in base all’emittente. Rappresenta l’affidabilità di un soggetto, dal punto di vista economico e finanziario, di assolvere puntualmente ai propri impegni di pagamento. Quindi, se il merito di un soggetto è alto il suo rischio di credito sarà basso e, di conseguenza, il tasso d’interesse applicato ai suoi bond sarà basso.
  • Il rischio di credito viene espresso attraverso il rating, ovvero una valutazione sintetica che viene applicata da un soggetto esterno e indipendente (le agenzie di rating). Le agenzie (le più importanti sono Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s), analizzando la situazione finanziaria, il settore di appartenenza della società e il suo posizionamento in esso, danno un giudizio che rappresenta una stima del rischio e del relativo merito di credito. In questo caso c’è  una relazione  inversa  tra rischio e rating, all’aumentare del rischio di insolvenza scende il rating. Il rating nella pratica è un codice alfanumerico di facile lettura. Prendendo come riferimento i criteri che vengono usati da S&P, le obbligazioni che rientrano nelle classi comprese tra AAA e BBB- vengono definite obbligazioni Investment Grade, ovvero titoli ad alto merito creditizio e con un basso rischio (quindi anche a basso rendimento). I titoli classificati sotto la BBB sono definiti Speculative Grade (Junk Bond o Titoli Spazzatura), definiti titoli ad alto rendimento perché contraddistinti da un elevato rischio.

Gli Eurobond

Per far fronte alla pesante crisi economica scatenata dall’emergenza sanitaria da Covid-19, i vari Paesi europei hanno iniziato a vendere massicce quantità dei loro Titoli di Stato, così da ottenere le risorse per finanziare gli aiuti alle famiglie in difficoltà e alle imprese costrette a restare chiuse per le norme anti-contagio. L’Unione Europea, al fine di aiutare gli stati membri maggiormente colpiti dalla pandemia, ha messo sul tavolo diverse modalità di sostegno economico molto innovative, tra queste ci sono gli Eurobond, rinominati anche Corona Bond. L’idea degli Eurobond risale al 2011 quando, per fronteggiare la crisi dei debiti sovrani, in Europa venne proposto di emettere un titolo obbligazionario di debito pubblico comunitario, il cui rimborso fosse garantito non da un singolo stato ma da tutti i Paesi dell’euro. La Commissione Europea, all’epoca presieduta dal portoghese José Manuel Barroso, formulò la prima proposta concreta per l’introduzione degli Eurobond. Il pensiero alla base di questo strumento era semplice: dato che l’eurozona era composta da una Banca Centrale unica e da una moneta unica, era plausibile concepire anche un unico debito pubblico, invece che tanti Titoli di Stato diversi per ogni Paese membro. Questa nuova tipologia di obbligazione sarebbe stata garantita dall’eurozona nel suo complesso, quindi molto più stabile e con un tasso di interesse molto più basso dei bond di stato dei singoli Paesi più deboli della zona euro. L’iniziativa però non vide mai la luce del sole perché frenata dai Paesi virtuosi del Nord Europa che avevano paura di dover ripagare gli ingenti debiti contratti dagli altri Paesi.

Conclusioni

Gli Eurobond ricalcano lo schema delle obbligazioni che vengono emessa dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti), che finanziano da anni importanti progetti di lungo termine a supporto di obiettivi specifici dell’Unione. Questi bond godono dei massimi rating creditizi, perché garantiti da tutti i Paesi membri. I Corona Bond sarebbero collocati sul mercato per aiutare i  Paesi che  hanno una capacità di spesa  ridotta a far fronte alle ingenti spese legate alla diffusione dell’epidemia, soprattutto nel campo sanitario e in quello economico. Analogamente a quanto è successo durante la crisi del 2011, i maggiori beneficiari di questo strumento sarebbero i Paesi Mediterranei (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Portogallo), forti anche del sostegno della Commissione Europea che li ritiene una valida strategia per contrastare la crisi. Di contro, i Paesi virtuosi (Germania, Paesi Bassi, Austria, ecc.) sollevano delle perplessità riguardo la gestione delle risorse e richiedono, parallelamente all’introduzione dei titoli, anche l’istituzione di un’entità in grado di indirizzare i Paesi a spendere in modo ottimale le risorse ottenute. A causa di questo conflitto i Corona Bond sono attualmente solo un progetto teorico, oggetto di trattative con gli organi Europei e i singoli Stati membri.

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