Unicredit - MPS

Monte dei Paschi di Siena

Prima di analizzare la situazione attuale ed i possibili scenari, facciamo un passo indietro per capire meglio in che modo si è arrivati a pensare che l’acquisizione di UniCredit nei confronti di MPS sia qualcosa di quasi logico ormai. Per far ciò bisogna analizzare lo scenario da tre punti di vista differenti. Il primo è quello di Monte dei Paschi. La più antica banca del mondo è nata nel 1472 con il nome di Monte Pio. Più tardi nel corso degli anni assunse sempre più funzioni fino ad essere riconosciuta come istituto di credito. Nel 1999 MPS viene quotato alla Borsa di Milano con un’offerta pubblica a cui aderiscono richieste di acquisto per dieci volte l’offerta. A seguito degli anni delle grandi acquisizioni MPS divenne il quarto istituto di credito italiano nel 2011. Tuttavia, con l’acquisizione di Antonveneta la banca subì un passivo molto pesante fino a che nel 2012 venne approvato un importante piano di taglio ai costi con la chiusura di 400 filiali. In questi anni il Monte accumulò 6,2 miliardi di perdite. Aveva in pancia titoli di stato per 26 miliardi, derivati per 11 miliardi e 17 miliardi di crediti a rischio. Successivamente nel 2014 mentre tutti guardavano di buon occhio alla ripresa del Monte che aveva annunciato un aumento di capitale da 5 miliardi di euro nello stesso anno, la banca subì la bocciatura agli stress test della BCE e fu costretta a varare un ulteriore aumento di capitale di 3 miliardi di euro. Deduciamo che il problema che ha caratterizzato la storia recente del Monte è stata la mala gestione dei vertici. Basti pensare che ci furono numerosi scandali che coinvolsero la banca in quegli anni, tra cui la scoperta di contratti derivati che erano stati tenuti nascosti ai consiglieri ed alla vigilanza della banca centrale da parte dei vertici dell’epoca. Si è attuata la strategia più erronea che possa esistere, cioè coprire debiti con altri debiti. Si presentò a questo punto una situazione molto pericolosa per MPS, in quanto rischiava il fallimento. Lo Stato italiano (più precisamente il MEF) decise, quindi, di attuare un salvataggio della banca, entrando pian piano nel capitale di essa fino a diventare oggi il maggior azionista con il 64,23%.

Unicredit e il mercato bancario italiano

Il secondo scenario da analizzare è quello che riguarda UniCredit, ed il modo con il quale la banca con sede in Gae Aulenti è arrivata a pensare a questa acquisizione. Nata nel 1870 con il nome di Banca di Genova successivamente denominata Credito Italiano. Nel corso degli anni ha saputo affermarsi nel mercato italiano come uno dei maggiori istituti di credito del paese. Per quanto concerne il nostro studio possiamo partire dal 2016 con la nomina di Jean Pierre Mustier come CEO della banca. Egli è stato il responsabile del piano strategico Transform “2019” annunciato tre anni prima. Nello specifico Mustier ha portato avanti una gestione strategica che ha riguardato le principali aree della banca al fine di rafforzare e ottimizzare la dotazione di capitale del Gruppo, migliorarne la redditività e garantire una continua evoluzione delle attività. Oltre a tutto ciò, l’AD nel corso degli anni si è sempre mostrato contrario ad operazioni di merger and acquisition. Egli ha rassegnato le dimissioni dalla Gruppo a febbraio di quest’anno, cedendo le redini della Banca ad Andrea Orcel, molto favorevole a quel tipo di operazioni a differenza del suo predecessore. Terzo ed ultimo punto di vista è quello del mercato bancario italiano. Dopo l’Opa conclusa con successo da parte di Banca Intesa verso UBI, dopo l’annuncio dell’offerta di Credit Agricole su Creval, si preannuncia nel futuro un mercato bancario caratterizzato dalle concentrazioni. UniCredit in Italia è seconda solo al Gruppo Intesa San Paolo per segmento di mercato. Quest’ultima conta quasi 30 miliardi di capitalizzazione a fronte dei 19 miliardi della banca di Milano. UniCredit però in Italia è leader per patrimonio gestito, oltre 26 miliardi.

Tutte le strade di MPS portano ad UniCredit

Il lento declino della Banca senese ci porta a pensare che l’acquisizione era di fatto obbligata in quanto da molti anni, da quando il MEF ha dovuto subentrare alle sorti di MPS nel 2017, non si sono fatti avanti veri acquirenti. L'accordo con l'Europa è vincolante: fuori lo Stato dal capitale entro la metà del 2022. Una condizione che ha visto il Tesoro, obbligato a vendere, partire con l’handicap e con il coltello dalla parte del manico per i possibili compratori. Coltello che UniCredit ha subito brandito con astuzia, riuscendo a prendersi la parte sana di MPS e lasciando allo Stato i crediti “malati”. UniCredit prenderà 80 miliardi di prestiti, un attivo di 150 miliardi e tutti i depositi, ciò vuol dire guadagnare il 4% del mercato bancario italiano. La gestione statale di MPS nel corso di questi 4 anni è stata disastrosa, poiché il Tesoro ha bruciato 1,1 miliari di ricavi. Quindi il problema è che l’azionista pubblico non è nelle condizioni, finanziarie, temporali e istituzionali, per perseguire la sola alternativa sensata al quadro descritto: realizzare una profonda ristrutturazione di Mps per renderlo appetibile come preda sul mercato e, poi, cederlo a condizioni meno penalizzanti. Non può farlo sia in termini di tempo poiché ormai manca poi al limite dettato da Bruxelles, sia in termini tecnici che economici. Poiché una ristrutturazione pubblica sarebbe più costosa di un eventuale cessione ad UniCredit. Per quanto riguarda la banca milanese, sarà una sfida molto importante, in quanto in questi anni tutti si aspettavano che fosse oggetto di un’operazione di M&A a livello europeo per diventare o essere acquisita da un gruppo bancario europeo di grandi dimensioni (più di quanto già non lo sia). Quindi con cambio al vertice così importante occorre adesso definire una chiara strategia che porti ad un modello di attività efficaci per la banca. Attraverso questa acquisizione, almeno in Italia, UniCredit dovrebbe poter giocare la partita a due con Intesa. Tutto dipenderà però da come verrà posta in essere l’acquisizione e dalle linee guida del management subito dopo. Ad oggi però sono solo rumors perché una vera e propria due diligence non è stata effettuata e l’agenzia DBRS Morningstar ha declassato il rating di MPS a CCC. Giustificando il downgrade con il pericolo di burd-sharing sui titoli e il pericolo che se l’acquisizione della banca senese sarà effettuata da un altro istituto di credito, lo Stato italiano sarà costretto a partecipare all’aumento di capitale. Per gli addetti ai lavori, questa acquisizione si farà e chi ne trarrà beneficio sarà solo UniCredit poiché lo Stato purtroppo dovrà accollarsi la parte “malata” della banca più antica al mondo.

Contatti

Mail

info@liucfinclub.com

Social
Social

Dove siamo

Indirizzo

C.so Matteotti 22, Castellanza (VA) 21053